Il Messaggero, sezione Macro, pag. 22
30 ottobre 2016
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
«La libertà è 'na cosa preziosa, ma la gente c'ha paura d'esse' libera. Ar massimo, nella maggior parte dei casi, preferisce accontentasse de padroni bboni. Ma nun succede quasi mai». Si può cominciare da qui a leggere la nuova indagine del commissario colto, bonario e spiritoso Ottavio Ponzetti, creato da Giovanni Ricciardi. Nelle pagine de Gli occhi di Borges (Fazi editore, 238 pagine, 16 euro) c'è e s'indaga la nostra smania illusoria di controllare il futuro, di governare la propria vita cercando di distinguere segnali premonitori, che finisce per consegnare la nostra libertà nelle mani di qualcuno.
Nel 1969 Jorge Luis Borges disse a proposito di Fervore di Buenos Aires, la cui prima edizione risale al 1923 e segnò il suo debutto, che prefigurava «tutto quel che avrei fatto in seguito». Perché la pubblicazione del 1923 è quasi introvabile? «Allora Borges era molto giovane, e tornava pieno di idee nuove da un lungo soggiorno in Europa con la famiglia – spiega un interlocutore di Ponzetti – . Il padre gli finanziò la pubblicazione di questa raccolta poetica, che secondo me è anche la più bella che abbia mai composto. Ma se ne stamparono solo trecento copie, che in gran parte Borges regalò frettolosamente, perché doveva tornare presto in Europa a causa della grave malattia agli occhi di cui soffriva il padre, che si curava da un famoso medico svizzero».
Ricciardi costruisce il giallo intorno al trafugamento dalla Biblioteca Nazionale di Buenos Aires della copia autentica dell'opera per conto di un ignoto e ricchissimo collezionista italiano. Questa settima indagine si collega alla quarta, Portami a ballare, nella quale il commissario e l'ispettore Iannotta si dedicano alla risoluzione di un caso dopo il rinvenimento a Roma, Porta Latina, del cadavere di un misterioso ghostwriter, Andrea Perfetti. Ora Ponzetti si trova in Argentina, dove le autorità giudiziarie locali gli chiedono di mettere una dubbia parola fine a una vicenda complessa: «Perfetti non è solo un ghostwriter, è un trasformista. E lei lo ha intuito perfettamente. Qui in Argentina è riuscito a non farsi notare quasi per niente, scomparendo praticamente nel nulla». Lo scrittore, insegnante, romano di San Giovanni, affronta il tema del doppio, dell'identità che sfugge. La crisi dell'identità in un intreccio che sa mantenere alta l'attenzione e conduce in un luogo di Ricciardi, il quartiere Esquilino. Ogni certezza acquisita di pagina in pagina appare fragile.
Il titolo, Gli occhi di Borges, si riferisce a una celebre rubrica di oroscopi, tenuta da un famoso astrologo su un'importante rivista italiana, e anche qui nulla è quel che sembra. Ricciardi, che sa quel che racconta, coglie l'occasione per presentare le insidie dell'avvicinamento degli adolescenti al mondo del lavoro, previsto dalla scuola. Una giovane liceale, Vanessa, che vive con la madre Anita in un elegante appartamento proprio all'Esquilino, ottiene la possibilità di fare uno stage presso la redazione della rivista. Da quel momento però la sua vita cambia. La ragazza si chiude in sé stessa, preda di fobie e di un mutismo assoluto, fino a non voler più uscire di casa. La madre, alle prese con un matrimonio in frantumi e nuove relazioni al tempo di Facebook, non sa più a chi rivolgersi. Tocca a Ponzetti, sempre ricco di umanità, di ritorno nella Capitale, e Iannotta, che da tradizione parla solo romanesco, riannodare i fili delle due vicende, che in fondo rivalutano la bistrattata figura paterna.
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