di Gabriele Santoro
ROMA – Gabriela Wiener rifiuta la nozione
giornalistica della giusta distanza. Per raccontare una storia non si
accontenta di esserne l’imparziale osservatrice esterna. Ha bisogno di calarsi
pienamente nelle vicende, fino a diventarne coprotagonista, senza tuttavia
smarrire uno sguardo critico sui fatti. Per scrivere deve provare emozioni,
dolore o piacere come in un’esperienza corporea che coinvolge lo spirito.
Le interviste della trentasettenne cronista peruviana
eludono il compromesso formale che d’abitudine s’instaura con l’interlocutore e
creano una complicità promiscua. Nei suoi reportage avventurosi non si limita a
fotografare la realtà, ma la pone sotto una luce personale. Varca senza
tentennamenti il confine della classica inchiesta giornalistica, per fare
letteratura. La penna non smarrisce mai il tocco leggero dell’ironia e quello
tagliente del sarcasmo, di chi sa non prendersi troppo sul serio.
«Non si può dire che io sia una persona grassa - dice
-, ma non si può neanche dire che sia una salutista: mi ubriaco una volta a
settimana e spesso mangio cibo spazzatura. E questa condizione l’ho portata
avanti per tutti questi anni con orgoglio, mi fa sentire viva e vitale. L’unica
parte del mio corpo che si mantiene in forma sono le dita che battono sulla
tastiera». Le sue pagine trasmettono un'inquieta voglia di vivere e quella sana
incoscienza che è una buona consigliera.
È complicato catalogare gli argomenti di
cui si occupa. Lei si presenta così: «Sono una giornalista specializzata nel
ficcare il naso ovunque e scrivere in prima persona di esperienze estreme».
Esplora l’umanità allegra e sofferente, partendo dall’urgenza di saziare la
fame di conoscenza di se stessa. Dagli esordi professionali sulla rivista
peruviana Etiqueta negra, ora è approdata a Madrid in qualità di caporedattrice
del magazine femminile Marie Claire. «All’inizio era impossibile proporre le
mie storie ai grandi quotidiani - spiega -. Trovavo spazio solo nelle riviste
indipendenti. Ora sono entrata nel sistema, ma tento di rompere gli schemi e
cambiare i modelli stereotipati con cui definiamo le donne».
I lettori italiani possono scoprirla grazie alla casa
editrice La Nuova frontiera che ha pubblicato il suo secondo libro Corpo a
corpo, storie di giornalismo gonzo (traduzione di Francesca Bianchi, 254 pp, 13
euro). Si tratta di una raccolta di una decina di cronicas firmate da
Wiener. Affronta i temi della sessualità, dell'erotismo femminile e della
pornografia senza false sfumature e smonta le finte perfezioni. «I miei scritti
non provocano eccitazione, ma divertono e sono uno strumento critico per la
nostra società». Per descrivere e comprendere il mondo del sadomaso, su
commissione di una rivista, non ha esitato a farsi sculacciare, davanti a un
pubblico in visibilio, dalla mistress Lady Monique al Club Bizarre di
Barcellona.
Lei, sposata e mamma della piccola Lena, restituisce
anche il profondo desiderio di maternità delle donne ricoverate in una clinica
catalana in attesa della fecondazione assistita. E si sottopone al bombardamento
ormonale per rendersi donatrice di ovociti e sentirsi «la persona più altruista
sulla faccia della terra». A Parigi percorre i vicoli bui e gelidi del parco
Bois de Boulogne con la trans Vanesa che ogni notte vende un pezzo di
esistenza. Si mimetizza nei micro cosmi del carcere di massima sicurezza di
Lurigancho (distretto di Lima) per incontrare i detenuti più pericolosi del
Paese e in fondo ci svela la sua passione: «Leggere i corpi. Scegliere quale
pelle leggere, perché i geroglifici delle cicatrici raccontano storie».
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