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di Gabriele Santoro
ROMA – «La tenda ce l’ho. Il sacco a pelo ce l’ho. Il materassino ce l’ho. Il debito, ho anche quello, ma giuro che non è mio»! Sui social network corre veloce l’organizzazione della giornata del 15 ottobre, quando a Roma confluiranno manifestanti da tutta Italia per la protesta United for global change, e sta prendendo corpo l’iniziativa lanciata dai collettivi universitari “Yes, we camp”. Un’idea di protesta permanente che trae ispirazione dalla massa di giovani “indignados” spagnoli accampati a Plaza Puerta del Sol a Madrid. «È necessario andare oltre un corteo rituale - si legge nel comunicato di Atenei in rivolta - oltre una semplice sfilata che si concluda a San Giovanni. Vogliamo scendere in piazza per rimanerci, accamparci e porre un problema al potere». Diritto allo studio, casa, lavoro e la rivendicazione di un nuovo protagonismo democratico sono i punti chiave dell’agenda di un movimento eterogeneo per età, professione ed estrazione sociale e frastagliato che non si identifica in una rappresentanza politica partitica.
Senza i grandi numeri che si annunciano per sabato l’embrione della protesta degli indignati italiani nasce verso la fine di maggio sulla scia di un sit-in di un gruppo di ragazzi iberici davanti alla sede romana dell’ambasciata spagnola. «Su Facebook arrivò l’invito a sostenere questa manifestazione - racconta Chiara Franceschini, insegnante precaria trentacinquenne che ha aderito da subito al movimento - e per curiosità siamo andati a vedere di che cosa si trattasse. Eravamo una decina di italiani al Pincio e siamo rimasti colpiti da una protesta nuova per modalità e contenuti. Rispetto al paesaggio italiano immobile abbiamo deciso di muoverci. All’inizio eravamo un gruppo molto ristretto, poi grazie ai social network la realtà si è allargata e ha iniziato a coinvolgere molto persone con Flash mob, volantinaggi e assemblee di quartiere. Vogliamo avere un radicamento nel territorio». La Rete ha costruito un network nazionale, “Italian Revolution”, che ha sedi in molte città.
Qual è l’idea fondamentale che anima il vostro progetto? «Non vogliamo più delegare le scelte che indirizzano i nostri destini. Gruppi di potere piccoli che decidono della vita di tutti». Chi partecipa alle vostre iniziative? «La partecipazione è trasversale: dai ventenni universitari ai sessantenni in pensione. Non esprimiamo solo il disagio sociale delle cosiddette fasce a rischio (migranti, precari, disoccupati). Ci sono anche avvocati, liberi professionisti». Durante alcune manifestazioni ci sono stati momenti di tensione e di scontro come a Bologna. «La non violenza è una nostra prerogativa fondamentale - conclude Chiara - Ci proponiamo di cambiare dal basso un sistema sociale violento e quindi non possiamo utilizzare metodi di protesta violenti». Il centro nevralgico delle attività è a San Giovanni, dove il 10 e l’11 settembre si è tenuto il primo accampamento degli Indignati con un migliaio di partecipanti. A giugno c'è stata invece la prima assemblea con una tre giorni di dibattiti e assemblee in piazza.
“United for global change”. «È arrivato il momento di condividere una protesta globale e non violenta - si legge nel manifesto del movimento - In tutti i continenti le persone si stanno muovendo per chiedere una vera democrazia e rivendicare i propri diritti. Banchieri e politici non ci rappresentano. Uniti in una sola voce faremo sapere alle elite finanziarie e politiche che è la gente a decidere del proprio futuro. Il 15 ottobre ci incontreremo per le strade del mondo per iniziare il cambiamento. È il tempo di stare uniti e farci sentire».
Nel video promo della manifestazione chiamata “Uniti per il cambiamento globale” allo scoccare della mezzanotte del 15 squilla fragorosa una sveglia e scorrono le immagini delle rivolte nelle piazze arabe, le tende dei giovani spagnoli. Saranno 71 i paesi e 719 le città del mondo toccate dalla protesta con il cuore pulsante nel continente americano e in quello europeo. In Africa si concentreranno soprattutto in Sudafrica, mentre i in Asia è l’India, Malesia, Corea del Sud e Filippine. Sulla pagina Facebook si susseguono i post che danno nuovi appuntamenti e raccontano la protesta.
La manifestazione a Roma. Alla piattaforma degli Indignati hanno aderito partiti della sinistra oggi extraparlamentare (SEL, Prc e Sinistra Critica), sindacati di base (Cobas, Cub e Usb), Il Popolo Viola, l’associazionismo (Arci, Legambiente, Gruppo Abele, Flare) e i collettivi universitari. L’appuntamento è fissato per le 14 di sabato a Piazza della Repubblica e il corteo si snoderà per via dei Fori Imperiali, via Manzoni fino a raggiungere piazza San Giovanni. Il mezzo di trasporto principale per raggiungere la Capitale saranno i pullman: da Alessandria a Catania se ne stanno riempiendo a decine. Partenza fissata all’alba di sabato e costo del biglietto che oscilla dai cinque euro da Napoli ai trentacinque andata/ritorno da Milano.
A Bologna sono già in overbooking, mentre a Firenze si applicano sconti a studenti e disoccupati. Ci saranno anche due treni speciali, uno da Torino e l’altro da Livorno. La maggior affluenza di manifestanti è prevista dalle regioni settentrionali e centrali. Il “Coordinamento 15 ottobre” è il motore dell’organizzazione e lancia questo appello: «Ci impegniamo insieme a costruire una manifestazione partecipata, pacifica, inclusiva, plurale e di massa. Il suo obiettivo è favorire la massima inclusione, convergenza, convivenza e cooperazione delle molteplici e plurali forze sociali, reti, energie individuali e collettive che stanno preparando la mobilitazione».
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