http://www.ilmessaggero.it/sport/basket/nba_miami_campione_re_james_finalmente_sul_trono/notizie/204064.shtml
di Gabriele Santoro
ROMA
– Inseguiva una notte così da tanto tempo. Il ragazzo cresciuto al
vento di Akron (Ohio) da una madre sedicenne, senza una figura paterna,
ha mantenuto la promessa di un talento unico. Ora il fenomeno LeBron
James è diventato campione. Il Prescelto strapazza, 121-106, Oklahoma
anche in gara cinque di finale con una tripla doppia (26 punti, 11
rimbalzi, 13 assist) celebrativa e conquista il primo anello di una
carrieragiunta alla svolta attesa. «È il giorno più felice della mia
vita. Il sogno si è materializzato. Quando ho lasciato Cleveland sapevo
che a Miami avremmo costruito un futuro luminoso. Questo è solo
l’inizio», promette LeBron che qualche secondo prima dell'ultima sirena
abbraccia il rivale Durant. Poi può cominciare la festa, magliette e
cappellini d'ordinanza da indossare, e Wade arringa la folla.
La franchigia di South Beach mette in bacheca il
secondo titolo Nba, dopo i fasti della stagione 2005/06 targati
Wade-O’Neal. Gli Heat avvertivano l’urgenza di dare sostanza a un
progetto ambizioso e denso di insidie. Chris Bosh (24 punti, 9/14 al
tiro, +29 di plus/minus) e Dwayne Wade (20 punti, 8 rimbalzi, 3
stoppate) chiudono idealmente il cerchio dei “Big Three”, missione
compiuta. Un sistema di gioco fatto di pura energia, che parte dalle
situazioni difensive per affidarsi alle qualità individuali in attacco.
Miami corre, appena può, e quando crea un vantaggio spazio temporale in
campo aperto non c’è difesa avversaria in grado di adeguarsi ed attutire
la forza d’urto fisica di James e compagni. Un successo costruito senza
il canonico asse play-pivot.
Nel trionfo di Miami, immaginati due estati fa dal
factotum Pat Riley, c’è un’altra storia da raccontare. Il comprimario
Mike Miller (23 punti), tormentato dagli infortuni e a un passo dal
ritiro dalle competizioni, si prende la ribalta con uno strepitoso 7/8
dalla lunga distanza. «Quando si presentano certe occasioni non puoi
lasciartele sfuggire. E non me la sarei fatta scappare per nessuna
ragione al mondo», sorride Miller.
Le statistiche. Nella sfida decisiva di una finale
dominata dal secondo episodio a Oklahoma City, Miami indovina una
prestazione balistica (14/26 da3) che raffigura uno stato di fiducia
assoluto; controlla i rimbalzi (41-38) e si passa bene la palla (25
assist). Ai Thunder (11/28 da3) non basta il solito Kevin Durant (32
punti, 13/24 al tiro, 11 rimbalzi, 7 palle perse). Russell Westbrook
(4/20, 0/5 da3) va fuori giri e prova ad innescare gli altri, mentre
Harden (19 punti, 6/6 ai liberi) prova ad incidere.
«È dura, signori. In questa squadra siamo tutti
fratelli e dispiace concludere in questo modo un’annata bellissima.
Siamo arrivati fino a questo punto non per fare presenza», sottolinea
Durant. La giovane Oklahoma, età media inferiore ai 23 anni, si dimostra
ancora acerba. I Thunder non sono riusciti a ripetersi sul livello
della splendida finale di conference vinta contro San Antonio. Ma
l'appuntamento è semplicemente rimandato.
La partita. Si parte in equilibrio, 11-10 al 5’30. L’ingresso di Miller all’ottavo minuto disegna però subito un altro orizzonte: l’ala del South Dakota infila due triple in 45 secondi e Cole (1/2 da3) cerca di imitarlo, 31-26 al 12’. Oklahoma risponde con il veterano Fisher, 34-32. Miami vola armoniosamente sulle ali dei tre moschettieri: James (9 punti), Wade (9 punti) e Bosh (8 punti). Chalmers firma il +10, 46-36, ma si tratta solo del prologo. Miller, incontenibile, realizza la quarta tripla in altrettanti tentativi, 51-36 al 18’. Durant (14 punti) si frappone a James (15 punti) e a un’inerzia totalmente negativa, 59-49 al 24’. Al rientro dall’intervallo lungo OKC sembra tornare a galla con la schiacciata del – 5 di Ibaka, 61-56. Battier e Chalmers dal perimetro spengono qualsiasi illusione, 72-62. Westbrook segna solo dalla lunetta (11/13) e James sfrutta un fallo antisportivo di Fisher per scavare il solco determinante. Bosh esalta l’American Airlines Arena con la tripla del +22, 85-63 al 33’. I Thunder non ci credono più e l’epilogo è tutto in discesa per i nuovi campioni del mondo.
Finale Nba
Oklahoma City Thunder-Miami Heat 105-94 Oklahoma City Thunder-Miami Heat 96-100
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 91-85
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 104-98
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 121-106
La partita. Si parte in equilibrio, 11-10 al 5’30. L’ingresso di Miller all’ottavo minuto disegna però subito un altro orizzonte: l’ala del South Dakota infila due triple in 45 secondi e Cole (1/2 da3) cerca di imitarlo, 31-26 al 12’. Oklahoma risponde con il veterano Fisher, 34-32. Miami vola armoniosamente sulle ali dei tre moschettieri: James (9 punti), Wade (9 punti) e Bosh (8 punti). Chalmers firma il +10, 46-36, ma si tratta solo del prologo. Miller, incontenibile, realizza la quarta tripla in altrettanti tentativi, 51-36 al 18’. Durant (14 punti) si frappone a James (15 punti) e a un’inerzia totalmente negativa, 59-49 al 24’. Al rientro dall’intervallo lungo OKC sembra tornare a galla con la schiacciata del – 5 di Ibaka, 61-56. Battier e Chalmers dal perimetro spengono qualsiasi illusione, 72-62. Westbrook segna solo dalla lunetta (11/13) e James sfrutta un fallo antisportivo di Fisher per scavare il solco determinante. Bosh esalta l’American Airlines Arena con la tripla del +22, 85-63 al 33’. I Thunder non ci credono più e l’epilogo è tutto in discesa per i nuovi campioni del mondo.
Oklahoma City Thunder-Miami Heat 105-94 Oklahoma City Thunder-Miami Heat 96-100
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 91-85
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 104-98
Miami Heat-Oklahoma City Thunder 121-106
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