sabato 16 luglio 2011

Tour, i leader si marcano e Vanendert si prende Plateau de Beille

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di Gabriele Santoro
ROMA – L’ultima attesa e durissima tappa pirenaica non svela le carte del Tour. Il belga Vanendert, protagonista già a Luz Ardinen, approfitta dell’immobilismo dei corridori più attesi e taglia davanti a tutti il traguardo prestigioso di Plateau de Beille (salita lunga 15.8 km al 7.9% di pendenza media) che nel 1998 lanciò Marco Pantani alla conquista della Grande Boucle. A sette chilometri dall’arrivo Vanendert, senza ambizioni di classifica generale, piazza lo scatto giusto; riprende il fuggitivo di giornata Casar e tiene a distanza il ritorno di Samuel Sanchez che l’aveva bruciato allo sprint della prima tappa sui Pirenei. La maglia gialla Thomas Voeckler fa sognare i francesi: sarà lui l’erede di Bernard Hinault, l’ultimo transalpino a vincere il Tour nel 1985? È difficile, ma il corridore dell’Europcar anche oggi ha difeso senza sbavature la propria leadership marcando in prima fila tutti i concorrenti con una pedalata sicura.

All’inizio dell’ultima ascesa di una giornata ricca di salite (Portet d'Aspet, Core, Latrape, Agnes, Lers) i fratelli Schleck, che con i propri gregari della Leopard non sono riusciti a sgranare subito il gruppo maglia gialla, tentano di accendere la corsa con una serie di scatti ma si rivelano punture di spillo. Ivan Basso conferma l’ottimo stato di forma: prima ricuce, poi detta il ritmo dei migliori e accenna anche un allungo a 2 chilometri dall'arrivo. Alberto Contador è invisibile nel suo anonimo stare a ruota degli altri così come Cadel Evans. I leader che puntano al podio di Parigi si aprono a ventaglio e si scambiano sguardi di studio senza dimostrare l’energia, il coraggio e la fantasia necessari a dominare una montagna del genere. Soffre a tenere il passo dei primi Damiano Cunego, l’altro italiano di alta classifica, tuttavia contiene i danni nell’ordine dei 40” di ritardo.

Basso, a cui è mancato l’apporto del gregario di fiducia Szmyd, non si accontenta. «Oggi è andata così. Si trattava di una buona occasione, ma almeno non abbiamo fatto passi indietro. Gli scatti in salita fanno male quando il gruppo è meno ampio. I fratelli Schleck per mettere in difficoltà Contador e avvicinare la maglia gialla devono imprimere un ritmo più alto all’inizio delle salite. Le mie sensazioni sono comunque buone».

A infiammare il Tour mancano gli scatti di Alberto Contador. Il dominatore del Giro d’Italia non dimostra sicurezze nelle gambe e nella tre giorni pirenaica ha adottato una strategia prettamente difensiva. «Non amo il modo con cui sto correndo. Non mi sento me stesso, ma al momento posso dare questo. Le cadute, il calendario e altre problematiche ancora alle prese con il caso clembuterolo) non mi hanno dato garanzie nell’avvicinamento alla corsa. Continuando a migliorare proverò a dire la mia sulle Alpi», ha commentato il ciclista spagnolo. Gli Schleck non stanno traendo abbastanza vantaggio dalla situazione di Contador e incombe Cadel Evans più competitivo a cronometro.

La quattordicesima tappa accompagnata da un sole caldo e avvolta nel verde acceso della catena montuosa che divide Francia e Spagna racchiudeva tanti ricordi ed emozioni dolci, amare per il ciclismo italiano. Intorno all’una le ruote del gruppo sono sfrecciate sul Col de Portet d’Aspet, dove s’impone la stele in onore di Fabio Casartelli e il pensiero è volato alla medaglia d’oro di Barcellona ’92 scomparso tragicamente nel 1995 a causa di una caduta nella discesa dell’Aspet. Quarantatre minuti e trenta secondi: alla partenza da Saint-Gaudens tutti avevano in mente il tempo straordinario con cui Marco Pantani scalò i quindici chilometri della salita di Plateau di Beille. Dal 1998, anno di grazia del Pirata, nessuno ha saputo fare meglio e la nostalgia per le imprese di quel Tour non conosce antidoto.

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